Epifanie di ferragosto TERZA PARTE
(III parte)
Epifanie di ferragosto TERZA PARTE I bagni avevano una strana configurazione circolare su due livelli, al primo c’era un’area comune per il lavaggio delle stoviglie, poi si scendevano pochi gradini e si accedeva alle docce degli uomini.
Lui mi aspettava lì. Alle 15 e 30 i servizi erano deserti, vidi l’occhio del diavolo fissarmi dallo spiraglio della porta lasciata socchiusa, senza guardarmi intorno come afferrata da un gancio, inesorabile mi trascinai rapidamente in quella tana.
Non disse nulla l’unico suono che sentii il suo respiro, lento e solido al pari di quello di una belva affamata.
Mi afferrò la testa tra le mani piegandola un po’ all’indietro, a bocca aperta e lingua spianata percorse il mio collo dalla fossetta sul petto fin dietro l’orecchio.
La sua erezione premeva già sul mio ventre, mi chinò con entrambi le mani verso il basso strusciandomi la faccia lungo il petto e la pancia, il mio mento aveva abbassato i suoi pantaloncini.
Con un leggero movimento di bacino mi colpì in faccia, la sua verga era dura ed elastica.
Non esitai, affondai la bocca e infilai il suo ardore in gola, lentamente, tutto. La scintilla aveva innescato la fiamma, ogni pensiero di lucidità bruciato all’istante.
Mi scopava in bocca guidando la mia testa.
Epifanie di ferragosto TERZA PARTE
Succhiavo e pompavo il suo cazzo senza fermarmi, vibravano i miei sensi lontani dal mio controllo, giocava con la mia bocca in un crescendo come con le corde di un violino nel Capriccio n. 5.
Piegata sulle ginocchia, mi tenevo aggrappata con le mani al suo culo, aveva la gamba sinistra leggermente spostata in avanti, fu allora che realizzai.
Il bastardo teneva col piede l’anta della porta aperta di uno spiraglio, dal quale passava una simmetrica visione tra interno ed esterno.
“Chiudi la porta brutto porco”, avevo tolto la sua mazza dalla bocca, la tenevo ferma con la mano sinistra e leccavo sotto la cappella a bocca aperta, assaporandola con tutta lingua dalla base alla punta.
“Controllo se passa qualcuno” disse sottovoce, ma ci vedono risposi, “È ciò che voglio” concluse.
Non so come aveva fatto a capirlo ma quelle parole mi infiammarono ancor di più e mentre mi risuonavano in testa mi alzò e mi girò spingendomi le spalle verso il basso.
Paravo i suoi colpi con le mani poggiate al muro, mi montava con bei colpi che sentivo fin nello stomaco togliendomi il respiro ogni volta.
Continuava così senza sosta a fare scempio di me, sentivo la mia testa penzolare ogni volta che le palle mi sbattevano sul culo.
Ero completamente fuori di me, nemmeno mi accorsi infatti che quel lurido bastardo aveva intravisto un avventore entrare nei bagni e con un cenno mentre mi prendeva a pecora lo fece entrare nella doccia.
Senti la porta chiudersi e di colpo mi trovai un altro cazzo sul viso, una mazza rigida sotto una pronunciata pancia da cinquantenne.
Mi voltai verso di lui, la mia bocca era già aperta, per insultarlo ma non feci in tempo, mi prese per i capelli e mi spinse sull’altro cazzo.
Mi avventai con la bocca e lo tenni tutto dentro.
Quel vuoto che avevo avvertito dinanzi allo specchio scompariva, aveva cominciato a sbattermi nel culo mentre sentivo le mani rugose di quello che avevo davanti palpeggiare il mio seno.
Il mio corpo andava da solo, lo capirono entrambi, restarono fermi e puntati sulle gambe, ero io a dimenarmi su quelle mazze.
Quello davanti mi esplose in gola, lo sentii rantolare e poi sospirare, il tempo di ingoiare che fu subito fuori come un ladro.
Inaspettata e folgorante aveva avuto la sua avventura estiva, sono convinta che fosse tra quelli che avevano gustato il mio spettacolo la sera prima.
Non male il suo cazzo, ma senz’anima.
Epifanie di ferragosto TERZA PARTE
Il diavolo invece sì che aveva un’anima, nera e rovente come la mia, due angeli alla ricerca dell’inferno dei sensi.
Alzai la testa e mi carezzai il viso e la gola con entrambi le mani allargando i gomiti, a gustarmi l’invincibile presa che mi dominava,
Fu allora che sentii il suo muggire a denti stretti, la sua verga turgida e pulsante riempirmi, dolcissima lava calda nelle mie viscere.
Tremai con le gambe per interminabili istanti, poi colai come una fontana aperta con lunghi respiri.
Te l’avevo detto – mi disse carezzandomi i capelli mentre mi sistemavo ciò che era rimasto del kaftano- oggi solo miele.
No gli avrei mai lasciato l’ultima parola, alzai lo sguardo e puntando con il dito il canale delle mie tette replicai:
“la prossima volta lo voglio qui il tuo nettare, adoro farmi leccare dal mio amore quando mi cola ancora caldo fino al ventre.
Epifanie di ferragosto TERZA PARTE
Ora vado mi starà aspettando, non faccio nulla senza renderlo partecipe ”.
Autore: Andy Mast
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